FRODE: ANCHE A SAN VALENTINO IL MENU’ NON DEVE NASCONDERE SORPRESE – Alessandro Calogiuri Avvocato penalista Ancona

I ristoratori si preoccupano di fornire alla clientela un locale raffinato ed accogliente, un ottimo servizio, impiattamenti scenici e menù che fanno viaggiare la mente prima del palato, ma quando si finisce sotto le attenzioni dell’autorità giudiziaria a fare la differenza tra una condanna ed una assoluzione è spesso un piccolo asterisco nella parte bassa del menù.

Il menù è infatti ben più che una mera elencazione delle possibilità di scelta che vengono offerte alla clientela. Esso va infatti giuridicamente qualificato come una vera e propria proposta contrattuale formulata dal ristoratore nei confronti dei suoi avventori.

Pertanto è bene che il ristoratore vi indichi in maniera veritiera tutte le caratteristiche del prodotto che poi i clienti si troveranno nel piatto, rischiando altrimenti una incriminazione per frode nell’esercizio del commercio.

Il suddetto reato, p.e p. dall’ art. 515 c.p., punisce  “Chiunque, nell’esercizio di un’attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a euro 2.065”. 

E’ norma incriminatrice diretta quindi a reprimere condotte dell’alienante tese a consegnare all’acquirente una cosa diversa da quella pattuita o dichiarata e a tutelare il bene giuridico rappresentato dall’interesse della collettività alla lealtà nei rapporti commerciali, nonché gli interessi patrimoniali dell’acquirente.

Sul punto esemplare è quanto statuito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 4735/18 nel caso relativo ad un locale trovato in possesso di prodotti surgelati senza che vi fosse alcuna indicazione nel menù circa la possibile utilizzazione di tale tipologia di ingredienti.

Premesso quindi che il menù deve essere considerato una vera e propria proposta contrattuale, il fatto che all’interno di un ristorante vengano rintracciati prodotti surgelati non indicati nel menù è stato ritenuto dalla Suprema Corte elemento idoneo a far scattare per il ristoratore una condanna per tentativo di frode in commercio.

La disponibilità di tali prodotti è stato ritenuto elemento sufficiente ad integrare quegli atti idonei e diretti in maniera non equivoca a consegnare ai consumatori prodotti di origine diversa rispetto a quanto dichiarato necessari per l’integrazione del tentativo, dal momento che è stata considerata dimostrativa dell’intenzione del ristoratore di vendere un prodotto difforme rispetto a quanto indicato nel menù.

Pertanto, che siate consumatori o  ristoratori…occhio all’asterisco!

Avv. Alessandro Calogiuri 

– Cass. Sez. III Pen. sent. n. 4735/18 dep. 1.2.2018

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